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Visualizzazione dei post da marzo, 2024
    Il principio che a tutti gli organi di informazione, di qualsiasi livello, dovrebbe essere proibito severamente dal dipingere negativamente fatti e persone con forzature prive di fondamento finalizzate a farsi leggere o ascoltare dal volgo ignaro, dovrebbe trovarci tutti d’accordo. Prendiamo il caso di Valerio Antonini, recentemente gratificato da Giacomo Di Girolamo direttore del quotidiano TP24 di velate considerazioni negative davvero fuori dalle righe. Per quanto si voglia essere intriganti, del personaggio Antonini, che fra l’altro evoca la lunga serie di omonimi imperatori della sua Roma natale, non si evince alcunché che possa dare adito a situazioni di vita contraddittorie. Questo abbandonarsi del giornalista a voli pindarici in negativo su di un personaggio di tutta evidenza dedito ai suoi legittimi affari, alla sua creatività, agli affetti personali e alla sua passione sportiva, non denota di certo quel buongusto che dovrebbe discernere la sana capacità di pensare
  Ci risiamo. A Castelvetrano è tempo di elezioni comunali, di chiacchere, critiche e inesistenti progetti risolutivi. “Parole, parole, parole” cantava la grande Mina. Elencazioni pedisseque di problemi annosi che ognuno dei candidati di turno assicura di sapere affrontare e porvi finalmente rimedio. Non fanno, però, che argomentare su troppe cose minime, che seppure degne di considerazione giammai potranno essere determinanti per traghettare il paese fuori dal pantano in cui è immerso fino al collo.   Del riordino della macchina burocratica, e del suo adeguamento alla scienza informatica, se ne può e se ne deve parlare. Ma come supporto alla creatività di cui il territorio è ricco solo a parole. Quel monotono mantra sulla bocca di tutti che per magnificare le nostre risorse ci ricorda che abbiamo Selinunte, il mare, il sole e la campagna fertile ci viene ripetuto fino alla noia.   Noia di sentirne parlare, e delusione profonda per il poco o nulla che si è in grado di fare per utilizza
    La presidente del governo italiano Giorgia Meloni, trascinata dalla sua coraggiosa veemenza si è liberata del groppo che aveva in gola e ha sparato a denti stretti il sacro nome di De Benedetti, fra gli intoccabili del nostro paese nonché editore del quotidiano “Domani”. Richiamandone la responsabilità dell’entrata a gamba tesa nel privato di personaggi legati al mondo politico, da parte di certi collaboratori del quotidiano che unitamente a qualche infedele funzionario dello Stato sono invischiati nello scandalo di grande attualità in questo momento. Pur non rappresentando, a ben guardare, nulla di nuovo nell’Italia dei colpi bassi legati a spionaggio, dossieraggio e quant’altro dietro le quinte. Non è nel merito di queste vicende che voglio entrare, anche perché oltre ad essere l’ultimo arrivato mi basta associarmi all’indignazione dilagante. È piuttosto di un dettaglio fra le storie del personaggio evocato dalla presidente Meloni che voglio fare cenno. Un dettaglio e nient’alt
Nulla di nuovo sotto la nebbia che avvolge la stampa italiana.   Lo scorso 8 febbraio è toccato a “la Repubblica” mostrare la decadenza alla quale in pochi divulgatori di notizie purchessia riescono a sottrarsi. Il peccato è quello di esaltazione di notizia e di concomitante omissione di fatti. Nel caso specifico, il quotidiano, sotto lo stretto controllo della improvvisamente chiacchierata famiglia Agnelli per le vicende legate a capitali in nero esterovestiti, dà notizia dell’assoluzione della giornalista Valeria Ferrante in un processo che la vedeva querelata dal sottoscritto per le sue considerazioni fuori le righe nei miei confronti. Il processo inizialmente svoltosi presso il Tribunale di Marsala vide la Ferrante condannata. Per i soliti misteri procedurali, in fase di ricorso la sede di Marsala non fu ritenuta competente a giudicare i fatti. Il processo, passato a Palermo per competenza, si è dunque risolto con una sentenza di assoluzione. Un processo che ha visto la Ferrante