Che l’attuale mondo in conflitto vada assimilato al mitico
labirinto, la cui via d'uscita per chiunque vi si fosse addentrato era
impossibile da ritrovare, si direbbe una metafora niente male appropriata. Particolarmente per chi solitamente si
affida agli ottimistici scongiuri contro i pericoli di una guerra mondiale.
Anche se tra la
confusionaria folla di popoli che in quel labirinto si aggira i ripensamenti
fanno capolino, c’è purtroppo la consapevolezza che la situazione ormai allarmante
non evolve per nulla all’insegna del buonsenso.
Ammesso che vi sia qualcuno
in possesso di quel “filo” conduttore per guidare verso l’uscita la folla
impantanata, tutto lascia dubitare della buona volontà dei principali
protagonisti di riavvolgerlo al gomitolo da cui era stato dipanato. Si direbbe
che manchi l’intenzione di ripartire da basi improntate alla volontà di
dirimere piuttosto che rimanere arroccati nei progetti funesti in cui mostrano
di trovarsi a proprio agio, ben lontani dal voler fare ammenda dei reciproci
torti.
Tutto, al di là delle
esternazioni di principio, lascia pensare che non c’è alcuna volontà di
recedere dalle convinzioni di una parte e dell’altra. Una ferma intenzione di rivalsa
per i torti subiti dagli uni e dagli altri. Primi fra tutti coloro che la
superiore potenza militare legittima nel loro congeniale arbitrio.
Diciamo che difficilmente
abbandonerebbero il labirinto prima di aver conseguito la vittoria, quella
stessa che ha visto Teseo veleggiare verso la madre patria dopo avere ucciso il
mostruoso Minotauro che vi era stato rinchiuso. Crudelmente immemore delle
promesse fatte alla povera Arianna innamorata, senza farsi alcuno scrupolo
nell’abbandonarla alla faccia delle ideologie che le aveva inculcato sulla
democraticissima Atene. Dimentico della geniale trovata dell’innamorata che
grazie al salvifico filo gli aprì la strada del ritorno in patria altrimenti
impossibile.
In ogni caso, sempre e
comunque della bollente atmosfera dei giorni nostri sono in troppi a volerne trarre
il maggior vantaggio prima di uscire dalla bolgia del labirinto. A cominciare dal
regista di tutta la banda che da oltre oceano, dopo gli storici flop militari in
giro per il mondo, e prima della ‘recente’ demenza e relativa rinuncia a
competere, aveva capito che è meglio prendere il fuoco con le mani altrui.
In perfetta simbiosi con gli
allineati in Israele e in Ucraina, per chi non avesse ancora capito che tutto
comincia nell’esaltante progetto di una Ucraina “big Israel”, propedeutico
della messinscena televisiva a puntate con Zelensky nel ruolo di un eroico
presidente ucraino che ha fatto versare lacrime di commozione a tante
vecchiette telespettatrici.
Con lo scontato risultato di
vedersi gratificato di consistenti consensi elettorali, legittimanti la sua
assunzione alla presidenza effettiva che non ha tardato a inondare di sangue ucraino.
Sempre in nome della benevolenza del potente regista a stelle e strisce, proteso
nel coinvolgere paesi e popoli a beneficio della tradizionale statunitense economia
di guerra.
Ma i grovigli di fili e di
opinioni non lasciano intravedere concordanza di soluzioni eque. E ne fanno
fede le persistenti devastazioni nei due via via allargati principali teatri di
guerra, volte a far valere nelle prossime rivendicazioni le ragioni immediate dei
vincitori. Con un occhio attento ad ipotecare quelle future.
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