Vi sono vicende nel mondo giudiziario che, detto terra terra, ti fanno andare nel pallone. Qualcosa per cui l’obbiettività operativa nelle procedure rappresenta talvolta una vera e propria variabile indipendente. In special modo in quelle legate all’aleatorietà delle misure di prevenzione, assurdamente finalizzate a prevenire quello che non hai mai fatto e che non hai nessuna intenzione di fare. Ma dove l’arte del grezzo ipotizzare può supplire alla prova del crimine, e conseguentemente al rispetto delle leggi democratiche e costituzionali. 

Quando in sintesi manca la prova, ma una serie di congetture fondate sull’arbitrio del potere diventa più che sufficiente per introdursi nei tuoi beni a fini di impossessamento. Similmente, per citare la storia, a quanto avveniva nei tribunali della Roma papale.

 Facendo perno oggi, come allora, sul “prezioso soccorso” di pentiti e maldicenti seriali, abiuri e dilaniatori di comodo. Altrimenti noti come conclamati avanzi di galera aspiranti alla libertà oltre che all’immagine premiale, non importa se squalificati in tanti giudizi di merito. Regolarmente coccolati in mancanza d’altro da un sistema politico-giudiziario finalizzato a stravolgere, senza vergognarsene, quelle garanzie codificate a tutela dei cittadini.  

Le stesse che strumentalizzate ad arte in nome di una legalità di facciata vengono svilite con dispotismo e prevaricazioni di ogni tipo. Un sistema, in sintesi, buono per tutti gli usi, inquinato per buon peso da ogni sorta di personaggi istituzionali e professionali delle cui immersioni nelle profondità dell’illecito le cronache ci hanno fornito un’ampia casistica. Non ultimo il caso emblematico di Silvana Saguto, presidente della sezione delle misure di prevenzione del tribunale di Palermo e del suo codazzo di corrotti e corruttori. 

Una giudice che, prima di finire in carcere, dal suo scranno nel tempio palermitano della Giustizia trescava con personaggi “in vigile attesa” della sua preziosa chiamata, proprio nel settore specifico delle misure di prevenzione dove lo scempio a fini personali dei beni e dei proventi amministrati ha superato ogni immaginazione. In perfetta armonia con il tristo sistema omertoso, aggravato dall’appartenenza agli alti livelli dell’ordine giudiziario. 

Una vicenda investigativa che non ci dice nulla sulla sua inquietante genesi: una rivalsa annidata nel mondo professionale o un doveroso e autorizzato atto investigativo? Saperne di più sul perché e il percome della decisione di intercettare la potente presidente non guasterebbe. Lei lo saprà senza dubbio, e non sarebbe da escludere che possa avere in pectore l’intenzione di scrivere tutta la storia a fini di…rivalsa economica a lei congeniale. Ne avrebbe tutti gli strumenti, e lo si è capito quando ha sventolato il misterioso taccuino nel corso della sua deposizione in una delle udienze del processo a suo carico.

E di tali arbitrii non ci si può esimere dal considerare l’inevitabile ricaduta sociale in negativo sull’incolpevole stragrande numero di integerrimi operatori di giustizia, piombati loro malgrado nella malevola opinione animata da chi è pronto a fare di tutta l’erba un fascio. Un coacervo di vicende innegabilmente indegne comunque le si giri.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    


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