Le contraddizioni alle quali stiamo assistendo con crescente preoccupazione, se viste alla luce delle ripetitive vicende che affondano le radici nel divenire della storia umana non possono sorprendere più di tanto. Si direbbe che tutto avvenga all’insegna dell’ineluttabile. In momenti in cui morte e devastazioni infuriano per ogni dove, i vari soloni che spaziano nell’atmosfera di bellicismo in crescendo non si fanno scrupolo di glissare sulle obbiettive chiavi di lettura, sul perché di queste ed altre tragedie.

    Guerre, carestie, migrazioni puntualmente funeste e problemi seri per la sopravvivenza, inducono a considerazioni che vanno al di là della logica spicciola dei tanti commenti infiocchettati di retorica nei salotti televisivi, in un susseguirsi di analisi sciorinate a seconda della bottega di appartenenza. Che poco sfiorano con la giusta fermezza la vera genesi degli avvenimenti così tanto armonica con la rapacità universale.

    Si parla di tutto e di più, forti della credulità popolare su tutto ciò verso cui porta l’arte tribunizia massmediatica.

    Giammai Zelensky avrebbe potuto assurgere al suo nefasto potere, senza la commossa simpatia suscitata nel popolo televisivo con le sue interpretazioni latte e miele di un eroe tutto patria.            

    Le bombe su Gaza ad opera di Israele con l’atroce strazio di una popolazione inerme, ci lasciano attoniti per tanto spregio della vita umana nella totale immunità. Una attitudine stragista ingiustificabile per gli eredi di un popolo sterminato nei lager nazisti, che induce a comparazioni meno dissimili in quanto a ferocia. Non più giustificabile con l’orribile precedente strage perpetrata in territorio Israeliano, su cui la storia saprà dare l’obiettivo responso.

    Ma ci si chiede di amare Israele, a prescindere dall’amore che Israele non ha per noi per il solo fatto di averci coinvolto nelle conseguenze di discutibili rivendicazioni che non ci appartengono. Ben lontani dall’esserne stati artefici, e per nulla interessati a prendervi parte, soprattutto in favore del più forte, ci scopriamo in buona compagnia grazie al mondo più significativo: quello studentesco all’unisono contro la guerra.

    Le guerre, dunque, in quanto frutto di usuali automatismi e di congenita ferocia, non lasciano minimamente intravvedere la fine una volta per tutte della loro alternanza con rappacificazioni e sostanziose ricostruzioni in termini di spropositati arricchimenti. Distruggere, quindi, onde progredire come qualcuno sostiene. Delle guerre come sempre conosceremo le tregue fra vincitori e vinti, rappacificazioni di breve o lunga durata fino agli immancabili nuovi contrasti, e nuove esigenze di rivincita in nuove guerre sempre e comunque prevaricatrici oltre che devastatrici.

    Con buona pace in tutto questo bailamme di quanti si nascondono al riparo di un antifascismo ideologico, salvifico delle loro colpe per avere del temuto fascismo seminato le premesse.

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