All’attenzione della redazione del programma ‘Falò’ della Televisione della Svizzera Italiana (TSI). Inoltrato via email a:
falo@rsi.ch
Spett.le Redazione,
mi
riferisco alle argomentazioni sviluppate sul mio conto nel corso della
trasmissione “Falò” andata in onda l’11 gennaio scorso, e di cui sono venuto a
conoscenza solo ora. Ignorandone la data di registrazione do per scontato che
con ogni probabilità non eravate a conoscenza della sentenza emessa in data 22
ottobre 2021 dal Tribunale di Trapani, della quale riporto fedelmente i punti
che fanno chiarezza sulla trattazione del servizio:
Pagina
38 della sentenza
Dalle dichiarazioni di Spatola e Calcara “Non si può ritenere raggiunta
la prova che GB fosse intraneo all’associazione, atteso che, non solo le
dichiarazioni rese dai due dichiaranti sono totalmente difformi, ma anche dal
fatto che Spatola fu ritenuto espressamente non credibile su tale circostanza.
Tale giudizio è condiviso da questo Tribunale mancando elementi di certezza non
solo sull’affiliazione ma anche su specifiche condotte illecite attribuibili a
GB in favore di Cosa Nostra in quel contesto temporale”.
Ancora
in un secondo virgolettato lapidario a pagina 196:
“Non si può negare
che le “chiamate” dei collaboratori si sono mantenute su riferimenti astratti,
senza che mai fosse individuato in concreto un evento, un incontro una vendita
o un trasporto di beni che vedessero la partecipazione diretta del proposto”.
Ordunque,
nell’introdurre “un altro importantissimo filone” a proposito di Messina
Denaro, avete apertamente travisato una verità, che non è mia, ma processuale.
Lo stesso vale per i reperti archeologici che “trafugavo, per esempio a
Selinunte”.
Da dove abbiate
assunto simili certezze, che costituiscono diffamazione non da poco, è doveroso
almeno da parte vostra dichiararlo apertamente. Anche al riguardo della onirica
boutade con la quale mi si attribuisce un ruolo di referente di Francesco Messina
Denaro in Svizzera. Dovreste dire di più per capire da dove la estrapolate. Non
è serio fare comunella con la marea di cronici maldicenti che imbrattano i
mezzi di comunicazione, la rete in primis. Non potete scendere al livello delle
solite, seppur rare, persone frustrate che tirano a concludere sulla scorta di
chiacchere vuote, facendole proprie ed inconfutabili. Va da sé che operando da
un mezzo di comunicazione largamente diffuso non potete sottrarvi al dovere di
parlare a ragion veduta, non fosse che per il vostro ineludibile dovere nei
miei confronti e delle tantissime persone che mi stimano e mi vogliono bene.
Considererei molto
grave se il vostro servizio fosse successivo alle risultanze processuali – in
questo caso da voi scientemente ignorate - che con ferma chiarezza escludono
ogni mio rapporto con i Messina Denaro, e con la così detta “depredazione di
Selinunte”. Che fanno tabula rasa delle chiacchere assiomatiche di paese sulla
reciproca frequentazione di Becchina e Messina Denaro, stabilito a Basilea
l’uno e frequentatore della stessa città l’altro. Assiomi che pretendono di
avvalorare un connubio inesistente, comunque e dovunque lo si voglia cercare. E
voi ne avete ampia facoltà.
Vi posso assicurare,
senza tema di smentita, che non vi è nulla di più falso in tutto l’imbastimento
della vostra storia sulla mia persona. E lo potete facilmente constatare dalla
lettura delle costosissime e altamente professionali perizie ordinate dallo
Stato, che per ben due volte escludono che i reperti da me trattati provengano
dalla Sicilia e da Selinunte in particolare.
Risultanze che
investono tutti i reperti periziati, quelli venduti, dell’archivio fotografico,
delle fatture di vendita e di acquisto contenute in decine di raccoglitori
visionati e fotografati. Punti questi ulteriormente attentamente e
favorevolmente valutati nella sentenza del Tribunale di Trapani. E ancor
prima dalla duplice archiviazione per mancanza di riscontri, sia del
procedimento istruito dal procuratore Borsellino che di quello recente del
procuratore Marzella. E senza trascurare il fatto che non ho mai subito alcun
pubblico processo per connessioni mafiose. E tantomeno ho avuto occasione di
difendermene.
Ammetterete che non è
bello tirare a concludere sulla base di assunti regolarmente “a la une” in
mezzo mondo, ma inesistenti nella realtà.
In riferimento
all’Atlas Cementi di Mazara del Vallo, le implicazioni mafiose vanno valutate
sui dati processuali che riguardano un sottoscrittore di quota sociale in una
fase successiva alla fondazione della società. Persona peraltro assolta sotto
l’aspetto mafia, e ancora in attesa di un giudizio di appello a seguito di un
ripetuto rinvio della Suprema Corte che contesta una sentenza di condanna per
altri versi.
Criminalizzare il
commercio del cemento equivarrebbe a mettere sullo stesso piano il Gruppo
Pesenti con la sua Italcementi, Gianni Agnelli quando aveva in Sicilia
interessi nel settore ed altre compagnie internazionali operanti nella nostra
Regione. Tengo a precisare al riguardo Atlas che mai un appunto mi è stato
mosso da qualsivoglia magistratura in riferimento a tale mia partecipazione. Ne
ho subito la confisca in nome della discutibile legge che prevede la confisca
di tutte le partecipazioni societarie quando c’è il sospetto della presenza di
un socio indiziato di tale tipologia di reato.
Visto come stanno le
cose, da operatori televisivi svizzeri potreste occuparvi di rispolverare le
malefatte nel vostro Canton Ticino, parlando della banca Weiss Credit
materializzatasi dal nulla a Chiasso e Lugano negli anni 60. Per la precisione
all’epoca dell’esportazione selvaggia dei mitici seimila miliardi di lire, in
coincidenza dello spauracchio dell’esperimento di centro-sinistra nella
politica italiana. Una banca già fantasma all’origine che, esaurita la finalità
predatoria, si adeguò di conseguenza svanendo nel nulla. Avevano una cabina
discreta e dimagrante, dove le signore callipigie, passata la frontiera,
perdevano miracolosamente peso. Anche i milioni dei quali erano imbottite,
grazie ai buoni consigli dei responsabili sugli investimenti “bidone” che
potevano fare.
Truffati a gogò senza
alcuna possibilità di parlarne per non incappare nelle leggi italiane che
penalizzavano l’esportazione di capitali.
Potreste occuparvi,
nei domini più disparati, della perdita di verginità del vostro paese, occupato
a risalire la ripida china di una morale della quale non ha mai conosciuto
livelli sommi. Magari Ispirandovi al vostro pungente scrittore Jean Ziegler, che
ne ha raccontate di cotte e di crude su tante malefatte della vostra
Confederazione.
Certo che dover
prendere atto del dilaniamento del primo Becchina che capita, nel tentativo di
portare acqua al mulino di un paese che dopo avere cavalcato l’onda del
malaffare mondiale si erge a commentatore ammantato di falsa pulizia morale,
non può che indignare.
Fareste, nel mio
caso, buona e giusta cosa nel recepire la mia richiesta di ristabilire la
verità giudiziaria, provvedendo alla cancellazione di quella parte diffamante
del servizio unitamente alla doverosa rettifica.
In quanto al museo di
Basilea, si può dire che nei suoi pochi decenni di vita ha accumulato le
proprie rarità con tanta cura e ferreo silenzio.
Facciamo finta, se vi
fa piacere, che si tratta di un museo che al pari di quello di Zurigo, Ginevra
e alcuni altri, è stato formato “con i miracolosi ritrovamenti lungo la Valle
del Reno”. Una tesi che farebbe trovare la pace ai fondatori dell’Antiken Museum
Basel und Ludwig. Non si può escludere che qualcuno la prenda per buona.
E, ancora, dovreste
ricordare di soffermarvi sul dettaglio di alcune importanti steli funerarie
dalla Turchia, oggetto di un processo farsa presso il Tribunale di Basilea che
condannò quel Paese a pagare le spese processuali, per avere osato reclamare la
restituzione dei reperti a mezzo di una procedura non perfettamente usuale.
Burocraticamente parlando.
Potreste, infine, fare una accurata ricerca di qualche dettaglio che nella mia attività di mercante d’arte nel vostro paese possa aver contraddetto quella degli altri mercanti, mai da voi criminalizzati, che stabilmente e storicamente attivi ben prima di me spopolavano in tutta la Confederazione. Non fosse che per arrivare a capire il perché e il percome degli accadimenti. Ovvero di come ci si sbarazza di un personaggio scomodo accettandone l’etichettatura di gran moda. Con distinti saluti.
Oggetto: Da parte della RSI
Data: Mon, 26 Feb 2024 17:30:01 +0000Mittente: Roselli, Maria (RSI) <Maria.RoselliBozzolini@rsi.ch>
A: gianfrancobecchina@gmail.com <gianfrancobecchina@gmail.com>
CC: Agueci, Gaetano (RSI) <Gaetano.Agueci@rsi.ch>,
Gentile signor Becchina
La ringraziamo per la Sua mail del 21 febbraio 2024 inviata al
nostro sito yuoTube.
Senza entrare in merito alle Sue singole affermazioni vorremo
gentilmente ricordarle che abbiamo provato ripetutamente a metterci in contatto
con Lei proprio per darle la possibilità di esprimersi personalmente sulle
vicende toccate dal nostro documentario.
I primi contatti con il suo
avvocato risalgono a giugno 2023.
Abbiamo contattato l'avvocato Miceli dapprima telefonicamente e
poi ci siamo recati a Castelvetrano di persona con l'unico scopo di chiedere
un'intervista con Lei. E di avere dei chiramineti sualla sua posizione
giurdica.
L'avvocato Miceli ci ha confermato di averle parlato e riferito
che Lei non era disponibile a farsi intervistare e ci ha consigliato di
attendere fino a settembre. Richiesta che abbiamo puntualmente
rispettato.
Poi a settembre ci ha riferito che purtroppo la sua posizione non
era cambiata e che Lei non intendeva incontratrci. E di questo siamo molto
dispiciuti perché era nonstra ferma intenzione darle la possibilità di
esprimersi personalmente.
Inoltre ci teniamo a sottilineare che è un dato di fatto che le
Sue proprpietà sono dapprima state sequestrate e poi confiscate proprio perché
indiziato di legami con le cosche mafiose, tanto è vero che il Suo legale ha
inoltrato un ricorso contro la confisca. Dato di fatto che noi riportiamo
fedelmente nel nostro servizio.
Pertanto ci dispiace ancora più che Lei abbia declinato la nostra
offerta.
La salutiamo cordialmente
Maria Roselli e Gaetano Agueci
Date: Tue, 27 Feb 2024 14:45:59 +0100
To: Roselli, Maria (RSI) <Maria.RoselliBozzolini@rsi.ch>
From: Gianfranco <gianfrancobecchina@gmail.com>
Egregi Signori,
sono io ad entrare nel merito della vostra risposta, e ne
puntualizzo i contesti:
Posto che sia capace di esprimermi senza che mi
si dia l’aiuto per farlo, vengo al dunque: l’avvocato Miceli mai è stato il mio
avvocato nella vicenda di cui al vostro servizio. Ragione per la quale non
capisco perché vi siete rivolti a lui piuttosto che prendere contatto con
l’avvocato titolare o direttamente con me;
Vi dico
subito, a scanso di malintesi, che mi avreste trovato disponibilissimo a
rilasciarvi un’intervista, sempre con il benestare del mio avvocato, a
condizione che fosse stata formulata con domande e risposte scritte;
Capisco che questo non sarebbe stato molto
usuale, ma purtroppo le mie precedenti esperienze con altri vostri colleghi mi
hanno imposto di non correre più i rischi dei malevoli stravolgimenti delle mie
parole;
In quanto al sequestro e alla confisca delle mie
proprietà, vedo che preferite tenervi lontani dalla verità. Ve l’ho già
spiegato: niente legami con “le cosche mafiose” e niente “Selinunte”, come in
linea con i diffamatori seriali continuate a rimestare. Leggetevi la sentenza e
capirete quanto siete fuori strada. La questione è legata all’applicabilità ai
miei investimenti di alcuni proventi che, pur documentati alla luce del sole,
sempre in virtù delle leggi sulle misure di prevenzione, o di presunzione che
dir si voglia, non sono presi in considerazione. Spero che vi sia chiaro. E di
questo punto mi riservo di chiedervi ragioni.
Ma la cosa che trovo scandalosa è legata alla
vostra nonchalance nel continuare ad appiopparmi, sempre per sentito dire,
fatti inesistenti e processualmente esclusi. Potreste a buon diritto
aggiornarvi, ma non lo fate malgrado gli atti siano pubblici. È però vero che
la nuda verità interessa poco. Quello che conta è lo scandalismo.
In questo caso vi sollecito ancora una volta a
guardare bene nei labirintici anfratti dell’elvetico Paese.
Non posso che reinvitarvi a tener conto
della verità delle cose, e ad agire di conseguenza. Come dovrebbe essere uso
presso giornalisti degni di tale nome.
Cordiali
saluti
Gianfranco Becchina
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